Cuba chiederà all’ONU che gli venga tolto il blocco economico che dura da sessanta anni
Dopo trentun anni e per la trentunesima volta consecutiva, fin dal 1992, Cuba presenterà all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Risoluzione che sancisca la necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti; atto sempre sostenuto da quasi tutta la comunità internazionale.
In una conferenza stampa tenutasi pochi giorni fa all’Avana, il Ministro degli Affari Esteri, Bruno Rodríguez Parrilla, ha riferito che solo tra marzo 2022 e febbraio 2023 l’applicazione del blocco economico, commerciale e finanziario ha causato danni al paese stimati in quasi 5 miliardi di dollari. Nel documento, che sarà presentato il 1° novembre all’Assemblea, si indica che più dell’80% dell’attuale popolazione cubana è nata sotto gli effetti di questa politica ostile, quindi non conosce una realtà diversa da quella di un paese bloccato e che, quindi, non sono coinvolti in nessuno dei motivi che ha imposto una così drastica restrizione fin dal lontano 1992. Il ministro degli Esteri ha sostenuto che a questo agglomerato di pressioni si aggiungono altre restrizioni, come l’inclusione unilaterale di Cuba nella lista dei presunti stati sponsor del terrorismo, che ha portato alla cancellazione di mille azioni di contratti, conti e servizi da parte di banche straniere. Ai prezzi attuali, ha evidenziato Rodríguez Parrilla, i danni accumulati durante sei decenni di assedio ammontano a più di 160 miliardi di dollari, un prezzo altissimo che ha inciso negativamente in diversi settori come la salute, l’istruzione, l’alimentazione e l’energia. Questo blocco, voluto dagli Stati Uniti e i suoi alleati nei confronti di Cuba, è il più grande freno allo sviluppo economico e sociale della storia umana. Il blocco subito da Cuba non è solo la proibizione di ogni credito, di tutte le agevolazioni finanziarie, non è solo la chiusura totale delle attività economiche, commerciali e finanziarie da parte degli Stati Uniti, bensì è un attacco alla sovranità del paese, una libertà negata, tra l’altro, da chi si definisce l’esportatore mondiale proprio di libertà e democrazia.
Nel tentativo di destabilizzare il governo dell’isola caraibica, gli Stati Uniti sono stati guidati in tutti questi anni dall’idea di minare l’autorità di Fidel Castro, ormai morto e sepolto da sette anni, chi lo ha succeduto ha creato una Cuba molto diversa, più libera anche se ancora non così democraticamente accettabile. Inoltre, il blocco viola palesemente il diritto internazionale e in particolare la libertà di commercio e di investimento; nega crediti e aiuti finanziari ai paesi e alle entità che cooperano con Cuba e stabilisce che le aziende di qualsiasi paese del mondo che hanno rapporti con l’isola possono essere soggette a rappresaglie legali.
L’Assemblea Nazionale dell’ONU dovrà dire ancora una volta agli Stati Uniti che deve cessare questa politica aggressiva, antiquata, arbitraria che viola il diritto internazionale di Cuba ormai da più di sessanta anni.
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